Atti 27

Nuova Riveduta 2006

1 Quando fu deciso che noi salpassimo per l’Italia, Paolo con altri prigionieri furono consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte Augusta.2 Saliti sopra una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti della costa d’Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macedone di Tessalonica.3 Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, usando benevolenza verso Paolo, gli permise di andare dai suoi amici per ricevere le loro cure.4 Poi, partiti di là, navigammo al riparo di Cipro, perché i venti erano contrari.5 E, attraversato il mare di Cilicia e di Panfilia, arrivammo a Mira di Licia.6 Il centurione, trovata qui una nave alessandrina che faceva vela per l’Italia, ci fece salire su quella.7 Navigando per molti giorni lentamente, giungemmo a fatica, per l’impedimento del vento, di fronte a Cnido. Poi veleggiammo sotto Creta, al largo di Salmone;8 e, costeggiandola con difficoltà, giungemmo a un luogo detto Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea.9 Intanto era trascorso molto tempo e la navigazione si era fatta pericolosa, poiché anche il giorno del digiuno[1] era passato. Paolo allora li ammonì dicendo:10 «Uomini, vedo che la navigazione si farà pericolosa con grave danno, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre persone».11 Il centurione però aveva più fiducia nel pilota e nel padrone della nave che non nelle parole di Paolo.12 E, siccome quel porto non era adatto a svernare, la maggioranza fu del parere di partire di là per cercare di arrivare a Fenice, un porto di Creta esposto a sud-ovest e a nord-ovest, e di passarvi l’inverno.13 Intanto si era alzato un leggero scirocco e, credendo di poter attuare il loro proposito, levarono le ancore e si misero a costeggiare l’isola di Creta più da vicino.14 Ma poco dopo si scatenò giù dall’isola un vento impetuoso, chiamato Euroaquilone;15 la nave fu trascinata via e, non potendo resistere al vento, la lasciammo andare ed eravamo portati alla deriva.16 Passati rapidamente sotto un’isoletta chiamata Clauda, a stento potemmo impadronirci della scialuppa.17 Dopo averla issata a bordo, utilizzavano dei mezzi di rinforzo, cingendo la nave di sotto; e, temendo di finire incagliati nelle Sirti[2], calarono l’àncora galleggiante, e si andava così alla deriva.18 Siccome eravamo sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno dopo cominciarono a gettare il carico.19 Il terzo giorno, con le loro proprie mani, buttarono in mare l’attrezzatura della nave.20 Già da molti giorni non si vedevano né sole né stelle, e sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza di scampare era ormai persa.21 Dopo che furono rimasti per lungo tempo senza mangiare, Paolo si alzò in mezzo a loro e disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto e non partire da Creta, per evitare questo pericolo e questa perdita.22 Ora però vi esorto a stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di voi ma solo della nave.23 Poiché un angelo del Dio al quale appartengo, e che io servo, mi è apparso questa notte,24 dicendo: “Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che navigano con te”.25 Perciò, uomini, state di buon animo, perché ho fede in Dio che avverrà come mi è stato detto.26 Dovremo però essere gettati sopra un’isola».27 E la quattordicesima notte da che eravamo portati qua e là per l’Adriatico[3], verso la mezzanotte, i marinai sospettavano di essere vicini a terra;28 e, calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; poi, passati un po’ oltre e scandagliato di nuovo, trovarono quindici braccia.29 Temendo allora di urtare contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che si facesse giorno.30 Ma siccome i marinai cercavano di fuggire dalla nave, e già stavano calando la scialuppa in mare con il pretesto di voler gettare le ancore da prua,31 Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potete scampare».32 Allora i soldati tagliarono le funi della scialuppa e la lasciarono cadere.33 Finché non si fece giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo, dicendo: «Oggi sono quattordici giorni che state aspettando, sempre digiuni, senza prendere nulla.34 Perciò vi esorto a prendere cibo, perché questo contribuirà alla vostra salvezza; e neppure un capello del vostro capo perirà».35 Detto questo, prese del pane e rese grazie a Dio in presenza di tutti; poi lo spezzò e cominciò a mangiare.36 E tutti, incoraggiati, presero anch’essi del cibo.37 Sulla nave eravamo duecentosettantasei persone in tutto.38 E, dopo essersi saziati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.39 Quando fu giorno non riuscivano a riconoscere il paese; ma scorsero un’insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingervi la nave.40 Staccate le ancore, le lasciarono andare in mare; sciolsero al tempo stesso i legami dei timoni e, alzata la vela maestra al vento, si diressero verso la spiaggia.41 Ma essendo incappati in un luogo che aveva il mare dai due lati, vi fecero arenare la nave; e mentre la prua, incagliata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava per la violenza {delle onde}.42 Il parere dei soldati era di uccidere i prigionieri perché nessuno fuggisse a nuoto.43 Ma il centurione, volendo salvare Paolo, li distolse da quel proposito e ordinò che per primi si gettassero in mare quelli che sapevano nuotare, per giungere a terra,44 e poi gli altri, chi sopra tavole e chi su rottami della nave. E così avvenne che tutti giunsero salvi a terra.

Atti 27

Einheitsübersetzung 2016

1 Als unsere Abfahrt nach Italien feststand, wurden Paulus und einige andere Gefangene einem Hauptmann der kaiserlichen Kohorte namens Julius übergeben. (At 25,12)2 Wir bestiegen ein Schiff aus Adramyttium, das die Orte entlang der Küste Kleinasiens anlaufen sollte, und fuhren ab; bei uns war Aristarch, der Mazedonier aus Thessalonich. (At 19,29; At 20,4)3 Am anderen Tag liefen wir in Sidon ein und Julius, der Paulus menschenfreundlich behandelte, erlaubte ihm, zu seinen Freunden zu gehen und sich versorgen zu lassen. (At 24,23; At 28,2)4 Von dort fuhren wir weiter und umsegelten, weil wir Gegenwind hatten, Zypern.5 Wir fuhren durch das Meer von Kilikien und Pamphylien und erreichten Myra in Lykien.6 Dort fand der Hauptmann ein alexandrinisches Schiff, das nach Italien fuhr, und er brachte uns an Bord.7 Viele Tage lang kamen wir nur langsam vorwärts und mit Mühe erreichten wir die Höhe von Knidos. Da uns der Wind nicht herankommen ließ, umsegelten wir Kreta bei Salmone,8 fuhren unter Mühe an Kreta entlang und erreichten einen Ort namens Kaloi Limenes, in dessen Nähe die Stadt Lasäa liegt.9 Da inzwischen längere Zeit vergangen und die Schifffahrt bereits unsicher geworden war - sogar das Fasten war schon vorüber -, warnte Paulus und sagte:[1]10 Männer, ich sehe, die Fahrt wird mit Gefahr und großem Schaden verbunden sein, nicht nur für die Ladung und das Schiff, sondern auch für unser Leben.11 Der Hauptmann aber vertraute dem Steuermann und dem Kapitän mehr als den Worten des Paulus.12 Da der Hafen zum Überwintern ungeeignet war, beschloss die Mehrheit weiterzufahren, um nach Möglichkeit Phönix zu erreichen, einen nach Südwesten und Nordwesten offenen Hafen Kretas; dort wollten sie überwintern.13 Als leichter Südwind aufkam, meinten sie, ihr Vorhaben sei schon geglückt; sie lichteten den Anker und fuhren dicht an Kreta entlang.14 Doch kurz darauf brach von der Insel her ein Orkan los, Eurakylon genannt.15 Das Schiff wurde mitgerissen, und weil es nicht mehr gegen den Wind gedreht werden konnte, gaben wir auf und ließen uns treiben.16 Während wir unter einer kleinen Insel namens Kauda hinfuhren, konnten wir das Beiboot nur mit Mühe in die Gewalt bekommen.17 Sie hoben es hoch, dann sicherten sie das Schiff, indem sie Taue darum herumspannten. Weil sie fürchteten, in die Syrte zu geraten, ließen sie den Treibanker hinab und trieben dahin.18 Da wir vom Sturm hart bedrängt wurden, erleichterten sie am nächsten Tag das Schiff19 und am dritten Tag warfen sie eigenhändig die Schiffsausrüstung über Bord.20 Mehrere Tage hindurch zeigten sich weder Sonne noch Sterne und der heftige Sturm hielt an. Schließlich schwand uns alle Hoffnung auf Rettung.21 Niemand wollte mehr essen; da trat Paulus in ihre Mitte und sagte: Männer, man hätte auf mich hören und von Kreta nicht abfahren sollen, dann wären uns diese Gefahr und dieses Ungemach erspart geblieben.22 Doch jetzt ermahne ich euch: Verliert nicht den Mut! Niemand von euch wird sein Leben verlieren, nur das Schiff wird untergehen.23 Denn in dieser Nacht ist ein Engel des Gottes, dem ich gehöre und dem ich diene, zu mir gekommen24 und hat gesagt: Fürchte dich nicht, Paulus! Du musst vor den Kaiser treten. Und siehe, Gott hat dir alle geschenkt, die mit dir fahren. (At 23,11)25 Habt also Mut, Männer! Denn ich vertraue auf Gott, dass es so kommen wird, wie mir gesagt worden ist.26 Wir müssen allerdings an einer Insel stranden. (At 28,1)27 Als wir schon die vierzehnte Nacht auf der Adria trieben, merkten die Matrosen um Mitternacht, dass sich ihnen Land näherte.28 Sie warfen das Lot hinab und maßen zwanzig Faden; kurz danach loteten sie nochmals und maßen fünfzehn Faden.[2]29 Aus Furcht, wir könnten auf Klippen laufen, warfen sie vom Heck aus vier Anker und wünschten den Tag herbei.30 Als aber die Matrosen unter dem Vorwand, sie wollten vom Bug aus Anker auswerfen, vom Schiff zu fliehen versuchten und das Beiboot ins Meer hinunterließen,31 sagte Paulus zum Hauptmann und zu den Soldaten: Wenn sie nicht auf dem Schiff bleiben, könnt ihr nicht gerettet werden.32 Da kappten die Soldaten die Taue des Beibootes und ließen es forttreiben.33 Als es nun Tag werden wollte, ermahnte Paulus alle, etwas zu essen, und sagte: Heute ist schon der vierzehnte Tag, dass ihr ausharrt, ohne auch nur die geringste Nahrung zu euch zu nehmen.34 Deshalb ermahne ich euch: Nehmt Nahrung zu euch; das ist gut für eure Rettung. Denn keinem von euch wird auch nur ein Haar von seinem Kopf verloren gehen. (Lu 12,7)35 Nach diesen Worten nahm er Brot, dankte Gott vor den Augen aller, brach es und begann zu essen. (Lu 22,19; Giov 6,11; 1Ti 4,4)36 Da fassten alle Mut und nahmen Nahrung zu sich.37 Wir waren im Ganzen zweihundertsechsundsiebzig Menschen an Bord.38 Nachdem sie sich satt gegessen hatten, warfen sie das Getreide ins Meer, um das Schiff zu erleichtern.39 Als es nun Tag wurde, entdeckten sie eine Bucht mit flachem Strand; auf ihn wollten sie, wenn möglich, das Schiff auflaufen lassen; das Land selbst war ihnen unbekannt.40 Sie machten die Anker los und ließen sie im Meer zurück. Zugleich lösten sie die Haltetaue der Steuerruder, hissten das Vorsegel und hielten mit dem Wind auf den Strand zu.41 Als sie aber auf eine Sandbank gerieten, strandeten sie mit dem Schiff; der Bug bohrte sich ein und saß unbeweglich fest; das Heck aber begann in der Brandung zu zerbrechen. (2Co 11,25)42 Da beschlossen die Soldaten, die Gefangenen zu töten, damit keiner schwimmend entkommen könne.43 Der Hauptmann aber wollte Paulus retten und hinderte sie an ihrem Vorhaben. Er befahl, dass zuerst alle, die schwimmen konnten, über Bord springen und das Land erreichen sollten,44 dann die Übrigen, teils auf Planken, teils auf anderen Schiffstrümmern. So kam es, dass alle ans Land gerettet wurden.